In Valmarecchia, con Appenninol’HUB, nasce il primo Manifesto dei Coliving Rurali Italiani: un nuovo modo di abitare e lavorare insieme nelle aree interne, condividendo spazi, riducendo costi e sprechi, creando relazioni e nuove economie. Un modello collaborativo e sostenibile che rigenera territori e comunità
di Maria Fioretti, OrticaLab – 09/07/2025
Seduti in cerchio, con i piedi nella terra, ci si ascolta. Si partecipa. Ci si confronta su stili di vita che provano a somigliare un po’ di più alle persone che li scelgono. Siamo lontani dalle città eppure non isolati, siamo nel mezzo di incontri e parole, tra tende e colline, dove si ragiona di comunità, di coabitazione, di una casa che non è solo tetto, ma anche orizzonte.
È una scelta, quella dell’abitare collaborativo. Ma è anche una necessità. È la risposta concreta e quotidiana alla crisi economica, sociale e relazionale della contemporaneità. Niente nostalgie bucoliche o fughe romantiche dalla routine: qui si costruisce, pezzo per pezzo, una nuova grammatica dell’abitare. Che si tratti di cohousing urbano, comuni rurali, eco-villaggi o co-living di nuova generazione, la direzione è chiara: condividere spazio, tempo, risorse. Mettere al centro relazioni, cura, mutualismo.
Non si tratta solo di vivere insieme. Si tratta di progettare insieme. Fin dalla forma degli edifici, dalla distribuzione degli spazi, dalla possibilità di avere cucine comuni, lavanderie collettive, orti condivisi. L’architettura – quella vera, che sa ascoltare – diventa parte della visione: l’intento comunitario non si improvvisa, si coltiva.
E così, mentre il nuovo Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne (PSNAI) fotografa con toni rassegnati la fragilità crescente dei territori marginali, in Appennino si prova a immaginare un futuro diverso.
Accade in Valmarecchia, nel cuore dell’Appennino, dove è nato il primo Manifesto dei Coliving Rurali Italiani, che definisce per la prima volta i principi alla base di una nuova visione dell’abitare collaborativo in chiave rurale, distinguendola nettamente dalle esperienze più consolidate di co-housing urbano. È stato scritto e sottoscritto a fine giugno a Pennabilli, all’interno di Ca’.Co. – Casa Coliving, un luogo dove la vita si intreccia con il lavoro, le relazioni e la scoperta. A promuoverlo è stato Appenninol’HUB, incubatore d’impresa e innovazione sociale per le aree interne, da anni impegnato a far fiorire nuove economie e nuove comunità nei territori marginali.
Attorno a quel tavolo c’erano oltre 60 realtà, arrivate da tutto il Paese: rappresentanti di co-living, associazioni, cooperative, fondazioni pubbliche e private, ma anche voci come Banca Etica, la Fondazione Peppino Vismara e l’Associazione Nazionale Nomadi Digitali.
Il Manifesto – racconta Alberto Mattei, presidente dell’associazione nazionale Nomadi Digitali – colma un vuoto: «Non stiamo solo parlando di dare voce e visibilità a nuovi modi di abitare, ma di una vera rivoluzione nel modo di concepire il rapporto tra persone, organizzazioni e territorio».


Non è più solo questione di spazi, ma di visione. Non si tratta semplicemente di vivere in campagna, ma di contribuire alla rigenerazione attiva di territori marginalizzati, in un’Italia che, secondo il Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne, rischia il declino irreversibile.
Intanto, in Italia, si attende ancora l’approvazione della proposta di legge nazionale sul riconoscimento delle comunità intenzionali. Un provvedimento che darebbe finalmente dignità giuridica e sostegno a un fenomeno che esiste già e cresce ogni anno, nonostante l’assenza di strumenti normativi. I numeri parlano chiaro: nascono nuove realtà, aumenta il desiderio di abitare in modo diverso. Forse perché aprirsi al cohousing è anche un modo per rispondere alla crescente solitudine e alla carenza di luoghi di incontro reale. Modelli organizzativi basati su sostenibilità ambientale e mutualismo, condivisione di beni e servizi per contenere i costi della vita, ridurre gli sprechi e favorire nuove forme di economia locale.
Sembra che le aree interne non siano spacciate. Lo dimostrano proprio esperienze come Ca’.Co., come le tante realtà che si stanno riconoscendo in un movimento ampio, diffuso, intergenerazionale.
Lo conferma Andrea Zanzini, presidente di Appenninol’HUB: «Il co-living rurale non è solo una soluzione abitativa, ma una nuova prospettiva sociale, che può cambiare il destino delle aree interne. È un’alternativa concreta alle politiche assistenziali. È un modo per creare nuova economia e attrarre nuovi abitanti, anche temporanei».
Da oggi, promettono, si lavorerà a una Rete Nazionale dei Coliving Rurali, con una piattaforma comune di confronto, idee, progetti. È solo l’inizio, ma questo primo passo – forte e concreto – è già tanto. Un’alleanza di spazi, persone e prospettive che dimostra come, anche laddove le politiche faticano ad arrivare, la possibilità di un’altra abitabilità esiste. E comincia dalle relazioni. Perché quando si decide di restare, si fa anche in nome della condivisione.